Quando la proprietà è un furto
di Pietro Di Muccio de Quattro
Scusate l’autocitazione, ma, poiché gli estimatori me ne magnificano l’efficacia, mi lusingo di ripeterla, essendo pure strettamente attuale e forse in Italia sempre attuale, da quando la Costituzione ha stabilito che la proprietà privata non “è” una funzione sociale, ma “ha” una funzione sociale. Dunque la citazione è questa: “Quando la proprietà è un furto, la legge prescrive di rubare ai ladri”.
Pare che lo Stato, tramite i competenti ministeri e uffici, ovviamente in base a specifiche pseudoleggi autorizzatrici, intenda requisire, confiscare, asservire, utilizzare, come cosa sua, ogni casa libera, che il padrone così ami tenere. Perché questo nostro staterello socialisteggiante vuol fare addirittura il bolscevico? Non certo per celebrare il centenario della Rivoluzione sovietica che neppure il Ciuffetto, comandante della caserma nordcoreana, si sogna di glorificare. No, il motivo è nobile, umanitario, amorevole: alloggiare i bisognosi per qualunque ragione, a prescindere. Infatti hanno stabilito, i giuristi che giganteggiano nelle istituzioni centrali e locali, che “la casa è un diritto” e lo Stato deve soddisfarlo. Ovviamente non sono vere né l’una cosa né l’altra. Neanche con il microscopio elettronico s’individua nella pur socievole Costituzione un simile diritto. E, comunque, questi generosi benefattori con i soldi e a spese degli altri pretendono di convincerci che cinquantamila cittadini reclamanti un tetto non possano essere accontentati con l’onesto metodo della compravendita? Lo Stato acquisti le abitazioni e le regali (sì, regali!) “una tantum”. E chiuda per sempre la questione.
Adesso però si è aggiunto il problema dei migranti, che intendono risolvere con un’altra manomissione della proprietà. La chiamino come piace a loro, ma prendersi a forza le case altrui contro la volontà dei proprietari non è giustificabile fuori da necessità in istato di guerra o in immani catastrofi naturali. I cialtroni, con e senza abito talare, che teorizzano un inesistente dovere di accoglienza (l’ospitalità coatta ha qualcosa di moralmente apprezzabile?) perché mai non apprestano a loro spese ciò che serve ad accogliere? Abbiamo visto navi imbarcare disgraziati ma sbarcarli a casa d’altri senza neppure interpellarli. Adesso di questi poveri sventurati lo Stato che fa? Li accolla a inermi proprietari! Uno scaricabarile che spudoratamente chiamano accoglienza. E poi, quanto dovrebbe durare questa occupazione abusiva garantita dallo Stato. Nessuno sa o vuole dirlo, sicché non solo i proprietari saranno di fatto espropriati senza indennizzo, ma i loro eredi saranno pure privati dei diritti successori. Resta la speranza che l’ordine naturale dell’azione politica venga ripristinato quando avranno constatato che sono loro stessi la concausa dell’emergenza che cercano malamente di fronteggiare.
Newsletter – Anno XVIII – n. 358 del 7 febbraio 2018