Il proprietario delle pensioni
di Pietro Di Muccio de Quattro
Il rigurgito del peggior socialismo statalistico riversato addosso agl’Italiani dalle ultime elezioni è dimostrato dal minaccioso tentativo che l’inusitata maggioranza (che ha pervertito la genuina democrazia perché chi votò Lega aborriva il M5S e viceversa, mentre ritrova i due partiti addirittura nello stesso governo!) sta effettuando per confiscare le pensioni. Ho ascoltato, esterrefatto, con le mie orecchie, tre capipartito intimidire con l’indice puntato i contraddittori profferendo vergognose frasi del genere: “Io ti do 5000 euro e non di più!” oppure “E’ ora di finirla con i trattamenti privilegiati!” oppure “Basta con le pensioni d’oro!” ovvero “Toglieremo ai pensionati ricchi per dare ai pensionati poveri!” eccetera. Questi Robin Hood in salsa napoletana, milanese, romana sono patetici paradossi viventi. Infatti, nel loro empito livellatore, mirano a distribuire ad arbitrio ciò a cui non hanno mai contribuito, essendo estranei al mondo del lavoro propriamente detto.
Da quando esiste la previdenza pubblica, cioè obbligatoria e di fatto monopolizzata dagli enti previdenziali, le pensioni sono sempre state considerate, dal sentire comune e dalle sentenze dei giudici, “una retribuzione differita”. Questa “retribuzione differita” viene erogata prelevando tributi, sotto forma di contributi, dalla retribuzione in atto. E qui cascano gli asini nazionalsocialisti. Infatti, tanto i contributi (l’entrata) quanto le pensioni (l’uscita) finiscono nelle mani delle maggioranze parlamentari aventi il potere di determinare gli uni e le altre. Al popolo, ulteriore paradosso, i peronisti nostrani riluttano a spiegare che, metodo retributivo o metodo contributivo, le pensioni non sono il frutto di un risparmio accumulato (salva la marginale previdenza integrativa) ma l’insufficiente partita di giro consistente nel pagare le pensioni di questo mese con i contributi di questo mese, più, questi non bastando, l’integrazione statale proveniente dall’erario e dunque dai tributi di tutti, che perciò la pensione la pagano “pro quota” due volte.
Finché il sistema previdenziale pubblico è stato in equilibrio, cioè finché i contributi incassati oggi sono stati maggiori o uguali alle pensioni erogate oggi, tutti i partiti hanno largheggiato nell’erogare pensioni, soprattutto a chi non versava contributi o ne versava pochi o addirittura soltanto“figurativi”. Hanno così creato una giungla di privilegi che, essendo diffusi tra categorie di milioni d’individui, sono considerati dai peronisti alla stregua di diritti incontestabili per ragioni elettorali, mentre i diritti incontestabili dei pochi, per le stesse ragioni, vengono giudicati odiosi privilegi. Questi stessi partiti peronisti lasciano poi intendere che il metodo contributivo sia una sorta di criterio di intrinseca giustizia, mentre è solo uno dei modi di calcolare quanto concedere ai pensionati, tant’è che è stato introdotto non per equità ma per decurtare le uscite previdenziali.
Il vigente sistema pensionistico costituisce il prodotto della stratificazione di leggi e leggine accumulatesi nel tempo sotto la spinta di contingenti maggioranze e di opposizioni colluse. Tra i suoi molteplici difetti, il peggiore non viene mai evidenziato. Ed è il seguente: i pensionati non sono proprietari della loro pensione perché i soldi sono in mano pubblica. Da qui la protervia di governanti e parlamentari livellatori che, come prìncipi esentati dalla vera giustizia e dal vero diritto, ardiscono di comportarsi con le pensioni come se ne fossero i proprietari assoluti. L’intrinseca superiorità, morale e giuridica, del sistema previdenziale privatistico consiste nel sottrarre la pensione dalle grinfie dei politici e nel preservare l’indipendenza dei pensionati al riparo da restrizioni, costrizioni, vessazioni delle maggioranze parlamentari. Assistere i bisognosi è tanto doveroso quanto compatibile con la libertà dell’individuo di garantirsi da sé una sicura vecchiaia senza la paura che un Parlamento, seppure benintenzionato, gliela insidi e renda incerta.
Newsletter – anno XVIII – n. 377 – 5 settembre 2018