Salvate il soldato Gruber
Società Libera online
Anno XIX – n. 403 – 24 giugno 2019
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AGENDA
SALERNO – giovedì 27 giugno 2019 ore 18:30 presso IL CIGNO, design e arte contemporanea, Corso Garidbaldi 241
Corrado Lembo, già Procuratore della Repubblica di Salerno, Antonio Manzo, direttore La Città, Presentano il volume di Vincenzo Olita
“Illusione della Libertà Certezza della Solitudine” Rubbettino Editore
SALVATE IL SOLDATO GRUBER
A chi è capitato, nell’ultimo anno, di assistere su La7 al programma quotidiano di approfondimento politico Otto e Mezzo non sarà sfuggito che la conduttrice Lilli Gruber, qualsiasi sia l’argomento trattato, non riesce a fare a meno di evocare Salvini con impressionante periodicità. Supportata da un paio di ospiti in studio, con funzione di spalla, figura nobile e fondamentale nella commedia dell’arte, la Gruber interpreta un confuso mix di ruolo, giornalista e politologa, con il risultato della non attendibilità in nessuno dei due.
Assolutamente prevedibile nelle domande che tendono a riportare su Salvini qualsivoglia responsabilità, il più delle volte, apolitici e sentimentali i ragionamenti, le analisi e le considerazioni espressi in fase di interlocuzione.
Un osservatore superficiale potrebbe valutare questo comportamento, ossessivo, come psicopatologico ma, fortunatamente, così non è, la giornalista esprime solo una forte e radicata militanza politica, ipersensibile all’attività dell’avversario politico.
Non abbiamo particolare simpatia per Salvini né come uomo di governo, né tantomeno come statista, ma allo stesso tempo non amiamo un’informazione militante e partigiana ammantata di pluralismo. La società aperta, a cui aspiriamo, contempla un giornalismo attento e parimente critico verso il potere e la sua opposizione, purtroppo professionalità rare in un Paese in cui l’informazione si connota sempre più come un sottoprodotto della lotta politica.
La Gruber ne è un plastico esempio, avrebbe necessità di essere confortata da un sincero politologo, capace di intendere la dinamica politica, e da uno psicologo sociale capace, senza essere Gustav Le Bon, di intendere i primi rudimenti della Psicologia delle Folle.
Con questo sostegno, forse, la volenterosa giornalista potrebbe riuscire a smettere i panni della militanza prendendo coscienza che il suo maldestro essere combattente per una causa produce solo un buon beneficio d’immagine alla controparte politica.
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