L’areligiosità dell’occidente
Società Libera online
Anno XXI – n. 453 – 8 ottobre 2021
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L’ARELIGIOSITA’ DELL’OCCIDENTE
di Vincenzo Olita*
Telegiornali, notiziari di tutte le emittenti e stampa quotidiana, riservano ampio spazio al pontificato di Francesco, trasmissioni dedicate, settimanalmente, rivolgono particolare attenzione al mondo cattolico, insomma, un vero pontificato mediatico al cui paragone un professionista della comunicazione vaticana come Navarro Valls appare un principiante. Osservatori disattenti, allora, sono indotti a considerare eccellenti il peso e la penetrazione della religione, in particolare di quella cattolica, in Italia e in generale nel continente europeo.
Un’attenzione scevra da impulsi subliminali per un retorico così deve essere e, naturalmente, lontana da qualsivoglia interessato racconto, apre, però, un desolante squarcio sullo stato di areligiosità dell’Occidente, appropriata espressione che ben definisce il suo livello di evangelizzazione.
In un passato prossimo avremmo parlato di processo di secolarizzazione della società o del fenomeno della laicizzazione, oggi però non siamo più in presenza solo di allontanamenti da pratiche religiose o dalla messa in discussione di comportamenti e poteri clericali ma di una marcata e crescente diffusione di anomia religiosa. Larghi strati della società non contrastano né contestano fede e convinzioni, semplicemente le ignorano non avvertendole in sintonia con il proprio essere né con la propria weltanschauung.
Certamente, andiamo tratteggiando, evidenziandolo, un quadro politicamente scorretto non consonante con la popolare narrazione che vede, specialmente la Chiesa cattolica, in forma smagliante grazie alla predicazione, all’opera e all’autorevolezza del papato.
Ne siamo consapevoli e, avvertendo la necessità di essere quanto mai attendibili, indirizziamo l’attenzione verso una serie d’inconfutabili dati.
Nel 1970 in Italia si contavano 43mila parroci, nel 2020 – 29mila; nel mondo i sacerdoti nel 2019 erano 414mila, livello inalterato nell’ultimo ventennio grazie alle ordinazioni in Africa considerando che in Europa rispetto al 2018 se ne contavano circa tremila in meno. Identico trend per le suore meno 10.500 nel biennio 2018/19 su un totale di 640mila, grazie solo a un significativo incremento di 34mila unità che hanno scelto la vita contemplativa.
I dati Istat sulla frequentazione settimanale di un luogo di culto confermano una progressione negativa, infatti, nel 1993 la partecipazione era al 39,2%, nel 2007 al 33,4 e nel 2016 si era ridotta al 27,5. Indicatore altrettanto indicativo è fornito dai dati sui matrimoni di rito civile che con una rilevante accelerazione passano dal 2,3% del 1970 al 36,7 del 2008 al 52,6 del 2019.
Nel 2013 l’allora primate d’Irlanda l’arcivescovo Diarmuid Martin parlava di un’Irlanda post-cattolica, di certo aveva il polso della situazione considerando che nel 2018 alla funzione religiosa di Bergoglio a Dublino parteciparono in 120mila, nel 1979 per lo stesso avvenimento per Giovanni Paolo II arrivarono 1,2milioni di persone.
In Germania nel 2015 sono state 58 le ordinazioni sacerdotali, 122 nel 2005, erano cinquecento nel 1965.
Si potrebbe continuare con altri dati, sulla Spagna, dove solo un cattolico su cinque partecipa alla messa settimanalmente, sulle vocazioni, sui matrimoni civili, sulla massiccia scomparsa delle chiese in Olanda, dove 1/3 hanno cambiato destinazione d’uso, sulla Francia e Regno Unito dove vengono demolite o vendute a comunità islamiche per la trasformazione in moschee.
E’ del tutto evidente che l’Europa è attraversata da un irreversibile processo di perdita di religiosità in presenza di un vuoto di analisi e di certezze teologiche, dottrinali e pastorali capaci di rispondere all’anoressia per il trascendente.
Eppure tanta parte del mondo cattolico aveva affidato aspettative e speranze, per invertire il processo, ad un Papa come Bergoglio molto popolare e benaccolto, invece il suo pontificato ha visto, almeno in Europa e Sudamerica, un ulteriore declino per la Chiesa cattolica a riprova che siamo innanzi a una profonda desacralizzazione del continente.
E’ una situazione che può amareggiare i credenti ma non interessare gli altri, in tutti i casi, occorre riconoscere che l’areligiosità e quindi l’attenuata coesione e omogeneità, favorite in passato dal cristianesimo, oggi rappresenta un’ulteriore criticità e l’ennesimo punto debole per il continente europeo.
* Presidente Società Libera
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