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EUROPEISTI, UN NON ELOGIO DI UNA PAZZIA

Società Libera online

Anno XXV- n. 567- 07 marzo 2025

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Liberae Sunt Nostrae Cogitationes

di Vincenzo Olita*

Tutto è iniziato nella prima settimana di gennaio quando, improvvisamente, il Presidente del Consiglio volò da Trump, in pochi comprendemmo le ragioni della trasferta. Cecilia Sala giornalista detenuta aTeheran, entro qualche giorno sarebbe stata liberata, e così fu.

Il 20 gennaio ritornò per il giuramento del Presidente, unica leader europea ad essere presente, poi un’eccessiva confidenzialità con Musk, alquanto sopra le righe per chi rappresenta e interpreta una nazione. Ma, se nel primo caso si avvertì un imbarazzato balbettio per il secondo, ragionamenti e linguaggio iniziarono ad essere confusi e sconcertati lasciando spazio ad una profonda inquietudine camuffata da una baldanzosa semantica aggressività.

Con il secondo episodio, Giorgia Meloni aveva dato possibilità ai suoi detrattori che, appannato il timido riconoscimento per la liberazione della giornalista, di iniziare un persistente tam-tam mediatico.

Occorreva evidenziare il doppio gioco avviato dall’ex ancella di Draghi, verso Trump e l’Unione europea. Purtroppo, la maggioranza dell’elettorato valutava positivamente il gran colpo politico e d’immagine messo a segno con i due viaggi in Usa. A parte l’emozionante segnale della liberazione della giornalista, non credevamo che vi fosse stato un gran significato politico nel comportamento meloniano. Eravamo in pochi a valutare di qualche interesse la frenesia transatlantica del Presidente che, nello spazio di un bimestre, era passata dai baci di Biden sul capo agli scomposti abbracci con Elon Musk. Solo i partigiani, naturalmente, in veste di oppositori o di sostenitori hanno dibattuto del Sesso degli Angeli.

Questi, i semipolitici antefatti

Dopo poche ore dall’insediamento, il mondo, in particolare gli europeisti avvertono che molti e profondi saranno i mutamenti, erano annunciati ma non l’avevano capito o non l’avevano voluto capire.       

Intanto, la tregua a Gaza, buon risultato per gli americani, ma non illudiamoci, quel conflitto è destinato a durare per decenni.

L’annuncio dell’imposizione dei dazi verso varie aree del pianeta, che vanno ad impattare con un 25% di tassazione sull’esportazione di beni verso gli USA. Naturalmente anche l’Europa ne sarà colpita e minaccia contromisure.

Ma ciò che ha procurato agli europeisti un vero e proprio smacco esistenziale è stato l’aver appreso che l’Unione europea non avrà alcun ruolo nella tregua e in un processo che porti alla pace in Ucraina.

Al di là del politichese, questo ha significato un vero e proprio pesante disconoscimento di status e ruolo dell’Europa come soggetto politico. Un muro è caduto quello della retorica sulla capacità strategica e di visione planetaria in grado di far diventare questo continente un chiaro punto di riferimento per un mondo, a sua volta, frastornato e incapace di percorrere un cammino di tranquilla serenità.

Da un decennio andiamo raccontando che ONU, NATO, Ue, malati terminali, non sarebbero stati in grado di sopravvivere allo scorrere del tempo. Nel 2019, a conclusione di un articolo che spaziava su una non tranquilla situazione internazionale, scrivevo: di questa Europa, la Presidente Ursula von der Leyen, i commissari Borrell e Gentiloni non ne saranno i costruttori. (Intervento nella Società 2019).

Aprendo una parantesi, vogliamo sottolineare che, pur avendo accolto con interesse la nascita e il progredire del progetto BRICS, oggi alla luce del mutamento strategico USA e del venir meno di alcune contrapposizioni geopolitiche, anche la fattualità di quel cammino perde gran parte di significato a causa della criticità del suo stesso scopo.

Del resto, non è difficile comprendere che nessuna organizzazione, nessuna struttura politica, dagli imperi, alle grandi civiltà, dai governi alle alleanze, sono sopravvissute all’impetuosità del tempo, figurarsi l’Ue un’assise paragonabile molto più a comari condominiali che a un progetto politico.

La situazione, poi, si è ulteriormente complicata con l’incontro tra Trump e Zelenskyj che rilanciato, immediatamente dal globalismo planetario e ripreso dal coro dei replicanti, come un agguato dell’Amministrazione americana alla cortese disponibilità e dell’ucraino.

Da qui lo scatto, il sussulto di leader, commentatori, analisti, esperti, politici di primo, secondo e di infiniti livelli. Un’essenza dell’europeismo si va dischiudendo, si può avverare il sogno di avere una difesa comune che consentirà di continuare a difendere l’Ucraina nel momento in cui viene abbandonata dall’odioso stupido Trump ormai alleato di Putin.

E allora, il primo della classe,il protetto dei Rothschild, si è adoperato per assumere la testa dell’agguerrita brigata. Straordinario politico questo Macron, gran capo in Europa, perdente, tra gli ultimi, in Francia, ha annunciato Urbi et Orbi che Putin non si fermerà all’Ucraina e (quindi) vi sarà necessità di un ombrello atomico (il suo).

Ascoltare politici, europeisti e l’informazione si ha la sensazione di star giocando a Monopoli. Tutti esperti di geopolitica, strategia militare, tattiche confondenti, alleanze (si è sentita anche quella con la Cina). Più credibile (sic!) l’estone Kaja Kallas, Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la sicurezza, che ha dichiarato: obiettivo Ue è la vittoria non solo sulla Russia ma anche sulla Cina.  

Siamo sul viale della pazzia, con la piccola fiammiferaia (von der Leyen) che gira per continenti vendendo, cosa? Con l’errante pifferaio (Macron) che, tra un summit e l’altro, incanta solo sé stesso,con la sveglia Meloni in fase di esaurimento della spinta propulsiva. Tutti satrapi che condividono la corsa al riarmo, disposti a farsi ingannare ed ingannare sulla volontà della Russia di occupare chissà quant’altri Paesi occidentali.

L’inganno è una sventura direbbe Erasmo da Rotterdam e la pazzia è causa delle guerree noi non elogeremo la pazzia di un piano di riarmo europeo da 800 miliardi, come sgraziatamente definito dalla Presidente.

Siamo al bivio della verità che, nella storia dell’umanità, tra Ragione e opportunità politica è stata, quasi sempre, subordinata alla seconda.

Con grande lucidità, non a caso, lo storico americano Henry Adams nell’800 affermava: “La politica pratica consiste nell’ignorare i fatti”.

Sul conflitto in Ucraina, nell’agosto 2023  scrivemmo:“l’Occidente ha privilegiato l’opinione rispetto alla ragione”.

Il filo conduttore delle convinzioni, che hanno condotto a tonificare ed accrescere l’opinione diffusa, è stato centrato su un retorico quesito presupponente un’assodata risposta: “Tra l’aggredito e l’aggressore con chi occorre schierarsi?”, il risultato è nella logica delle cose, la seconda possibilità sarebbe indicata solo da svantaggiati psichici.

Se lo chiedessimo, a Greci e Troiani, Cattolici e Ugonotti, Americani e Vietnamiti, Iraniani e Iracheni, Indiani e Pachistani e andando così, saremmo certi d’individuare immediatamente per chi schierarci? Certamente no!

Ci sfuggono realtà fattuali, informazioni, certezze storiche, eppure in molti di questi casi ci siamo allineati non sulla base di verità ma di opinioni indotte da interessi politici, economici, religiosi, perfino individuali”.

Nulla d’eccezionale, è la storia dell’Umanità.

Altra cosa è la consapevolezza o meno dell’oscura tortuosità che si ha dei corti circuiti che conducono a ciò che chiamiamo guerra.

L’invasione russa poteva essere evitata, Putin avrebbe avuto diversa accoglienza se fosse stata predisposta una campagna d’informazione su criticità ed errori della politica estera americana a partire da Berlino 1989.

Certo, non avrebbe avuto il consenso USA intenta a realizzare tre obiettivi: compensare il fallimento afghano, anche con l’allargamento della Nato; armonizzare e compattare politica estera e fedeltà atlantica dell’europeismo di Bruxelles; indebolire ed isolare la Russia in previsione della complessità dei rapporti USA – Cina sul futuro di Taiwan.

Per l’Amministrazione Biden, su 43 Paesi europei, 28 membri Nato sono un brillante risultato, se fosse anche chiaro, tralasciando la natura difensiva dell’Alleanza, rispetto a chi e a cosa dovrà indirizzarsi questa macchina da guerra se non verso la Federazione Russa valutata e considerata una minaccia esistenziale.

È complesso prevedere la fine della guerra in Ucraina ormai ridotta a guerra di logoramento, in cui tutte le parti hanno ancora la convinzione della vittoria.

Di fatto, solo i diretti interessati hanno necessità di una fine vittoriosa pena la loro identità e la loro stessa esistenza.

L’Europa, in tutti i casi, vivrà uno stato di tensione permanente, acceleratore di quel avviato processo di sfaldamento della sovrastruttura statuale, inconsistente costruzione politica dell’Unione.

Schuman, Monet, Adenauer, De Gasperi, solo per citarne alcuni, accesero speranze ed immaginazioni in virtù di un pensiero alto proiettato verso il futuro. Michel, von der Leyen, Timmermans, Macron, Rutte, Meloni, Scholz contribuiscono a spegnere speranze imprigionando la nostra immaginazione, mortificando il nostro futuro ristretto in un asfissiante e grigio spirito mercantesco.

Il conflitto ucraino, presentato ed imposto come estrema difesa dell’Occidente ricorda quel vecchio adagio anti Patto di Varsavia: “Bisogna fermarli, altrimenti i cosacchi abbevereranno i loro cavalli nelle fontane di Piazza San Pietro e canteranno le loro canzoni al ritmo della balalaika”. 

Oggi, nessuno degli alleati Nato evidenzia che non riuscirebbero a dissetarsi neppure alle fontane di piazza Majdan.

E dov’era l’ONU quando Clinton, Bush, Obama, Biden lavoravano per trasformare l’Ucraina in un avamposto occidentale anti Russo? Era sul cammino del tramonto, oggi conclusosi con una sua profonda trasformazione, da collettore di coesistenza, da centro nevralgico di comprensione e gestione geopolitica a, in sintonia con Davos, inefficace centro burocratico del quasi nulla che, per dirne una, raccomanda l’ingresso nelle scuole delle competenze non cognitive.

Si potrebbe continuare con altre riflessioni, soffermarsi sul dibattito tra Stati, tra maggioranze e opposizioni in cui si esprimono ragionamenti tra il serio e il   faceto, spesso apolitici, al di là della realtà.

Preferiamo evidenziare una seria dichiarazione di Soros del maggio ’22, tre mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina: “Il mondo è sempre più impegnato nello scontro tra due sistemi. L’ipotesi di un cessate il fuoco, di trattative non è praticabile, Putin non è affidabile.

Per i globalisti finanziari la guerra non era da interrompere dopo tre mesi né ora, anche se quella nazione è disperata, occorre non interrompere il conflitto, l’appannata democrazia ucraina, l’Europa, falsamente, in pericolo e una possibile trappola di Tucidide, valgono bene ancora qualche centinaia di migliaia di vittime. Pur di soddisfare la volontà globalista di smembramento della Federazione russa.

In ogni casoil futuro è patrimonio di nuove vite non il risultato di aborti vari, affidandosi alla resilienza, che Klaus Schwab intende come opportunità che nascono dalle crisi, i seguaci del suo globalismo non hanno compreso che l’Europeismo non è in crisi, è al tramonto che anticipa il buio.

*direttore Società Libera*

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