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Stipendi, benefit e dignità delle Istituzioni

di GIORGIO RAGAZZI

Il giudice di Corte Costituzionale Nicolò Zanon rischia di perdere l’ambitissimo e remuneratissimo posto di membro della Corte Costituzionale per una banale ed insignificante trasgressione: è sotto accusa perché la moglie avrebbe usato l’auto di servizio per shopping o impegni familiari. Meglio sarebbe stato per la Corte sottacere tali abusi perché essi richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica sul livello davvero anomalo dei compensi e benefits di questa istituzione, che sfuggono anche al controllo del Parlamento in quanto “organo costituzionale” e superano di gran lunga i costi di analoghi organismi europei.
Si calcola che per ogni giudice la Corte spenda in media 750 euro al giorno (275 mila euro l’anno!) per coprire le spese dell’auto di servizio, inclusi due autisti per turni di otto ore. Si può presumere che i giudici passino gran parte del loro tempo in studio e quindi che auto ed autisti passino la gran parte del tempo fermi: che danno arreca allora una moglie che approfitta dell’auto di servizio per fare shopping? Magari è anche utile per tenere in allenamento gli autisti e non far scaricare le batterie.
Ma è tipico della cultura giuridica italiana guardare al formalismo astratto e non alla sostanza: lo scandalo non è l’uso dell’auto di servizio da parte della moglie, che nulla costa, bensì l’assurdità di tenere a disposizione un’auto di servizio per ogni giudice per tutto il giorno. La Corte è anche l’organo che nomina alla presidenza i giudici vicini alla pensione per assicurare loro il permanere del diritto all’auto di servizio come ex presidenti, anche quando pensionati. Un altro fulgido esempio di parsimonia e moralità al vertice dello Stato.
Prima delle elezioni del Parlamento Europeo, l‘Economist osservò che l’elevatezza delle retribuzioni dei parlamentari rischiava di sminuire la dignità dell’istituzione. Il danno sociale di retribuzioni e benefits eccessivi, di qualunque organo politico o costituzionale, va ben oltre il gravame per le finanze pubbliche: sminuisce appunto il prestigio dell’istituzione o degli organi elettivi e soprattutto erode il “capitale sociale”, perché lo scandalo ingenera incentivi ed alibi alla tendenza ad evadere non solo le imposte ma anche le norme sociali in tanti altri campi.
Chi stigmatizza gli evasori predicando la morale sul lato delle entrate è ben poco credibile se non applica la stessa morale sul lato delle uscite. Come aspettarsi che chi legge delle astronomiche retribuzioni dei dipendenti del Parlamento sia disposto a pagare, per senso civico, tutte le imposte dovute sul suo reddito magari modesto? Non è con controlli e sanzioni che si potrà mai ridurre più di tanto l’evasione: il miglioramento della nostra società non può che partire da un profondo cambiamento dell’esempio che viene dagli organi elettivi e costituzionali.
Une elite politico – burocratica che si bea di rendite e privilegi riesce malamente a sostenere il sistema puntando sulla repressione fiscale ma poi rischia di veder esplodere movimenti quali i 5 stelle.

Newsletter – Anno XVIII – n. 363 – 21 marzo 2018

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