Vaccini e diritti umani
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Anno XXI – n. 442 – 18 marzo 2021
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VACCINI E DIRITTI UMANI
di Simone Lattanzio
L’11 febbraio Henrietta Fore, direttore generale dell’Unicef, e Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, hanno rilasciato una dichiarazione congiunta nella quale si afferma che “Delle 128 milioni di dosi di vaccino somministrate finora, oltre i tre quarti delle vaccinazioni sono avvenute in soli 10 Paesi che rappresentano il 60% del Pil mondiale.”
A tale dichiarazione ha fatto eco, il 17 febbraio, il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres annunciando che “Solo 10 paesi hanno somministrato il 75% di tutti i vaccini Covid”.
Alcune nazioni del G7 se con una mano donano, con l’altra fanno incetta di vaccini lasciando a bocca asciutta quelle stesse nazioni che dovrebbero aiutare. Chi poteva permetterselo ha infatti effettuato prenotazioni in misura molto più larga delle reali necessità, così da massimizzare la possibilità di una rapida campagna di vaccinazioni. L’ONU, l’Oms, l’Unicef, chiedono “ai leader di guardare oltre i propri confini e attuare una strategia di vaccinazione che possa porre veramente fine alla pandemia e limitare le varianti del virus”, mostrando la loro inconcludenza nel fornire una soluzione efficace. Allo stato attuale non è dunque chiaro chi potrà farsi carico, avendone l’autorevolezza, di assicurare la distribuzione dei vaccini nel terzo e quarto mondo.
Chi si preoccuperà delle popolazioni del Burundi 11,2 milioni abitanti – PIL pro capite 727 dollari, del Niger 22,5 milioni ab. – PIL pro capite 1.105 dollari, della repubblica democratica del Congo 84 milioni ab. – PIL pro capite 791 dollari dell’Afghanistan 38 milioni ab. PIL pro capite 559 dollari, Nepal 30 milioni ab. PIL pro capite 866 dollari?
Paesi molto popolosi dovranno accontentarsi di un assordante silenzio: ad oggi, sono infatti almeno 130 i Paesi, per un totale di circa 2,5 miliardi di persone, che possono contare su un numero di dosi di vaccino ricevute pari a zero.
Per fortuna, la consapevolezza che dalla pandemia si esce solo se le vaccinazioni avranno luogo ovunque, dovrebbe portare ad un miglioramento della situazione integrando, nel piano di distribuzione vaccinale anche gli Stati meno abbienti. Tale consapevolezza, mista alla paura che lasciare campo libero alla diplomazia vaccinale di Cina e Russia rafforzi ulteriormente l’influenza di questi Paesi su intere regioni e continenti, come è il caso dell’Africa, dovrebbe poter porre rimedio a questa disumana condizione. La domanda rimane però priva di risposta: quale ente, quale organizzazione, quale cultura sarà in grado di farsi carico di quel ruolo di garante dei diritti umani che la nostra evoluta società occidentale non è in grado di interpretare?
Focalizzandoci sul risultato, possiamo almeno consolarci che tutti, seppur chi prima e chi molto, ma molto tempo dopo, riceveranno le loro dosi di vaccino confermando, a dispetto dell’imperante politicamente corretto operante su scala globale, la divisione cui l’umanità deve sottostare.
A prescindere dal risultato, sarebbe comunque imperdonabile distogliere l’attenzione sui limiti politici, organizzativi ed esistenziali sin qui dimostrati. Un modo di pensare scientifico e razionale fondato sul dubbio, non soggetto ad ansie e paure, avrebbe dovuto promuovere una strategia di vaccinazione sulla base delle necessità piuttosto che dei mezzi, costringendoci a fare i conti con la responsabilità che abbiamo nei confronti dell’intero creato. Non sono trattati o libri che ci occorrono, di quelli ne abbiamo in abbondanza, ma sono degli esempi umani in grado di attenersi a una lungimirante scala delle priorità nella quale, la tutela dei diritti umani, dovrebbe ambire di diritto al primo posto.
La conseguenza dell’accettazione di un simile quadro concettuale comporta la messa in atto di una sintesi ove la difesa dell’uomo e delle sue libertà individuali diviene l’esigenza primaria di ogni cultura. Esempi coerenti consentirebbero di motivare la propria posizione per mezzo della credibilità che si tradurrebbe in un testimone virtuoso in grado di ottimizzare l’efficacia del dialogo durante il confronto, scongiurando conflitti che, se non lavoreremo in tal senso, troveremo nel nostro futuro. Quando il tiranno di Siracusa chiese a Zenone, prima della sua esecuzione, a cosa fosse servito essere stato matematico e filosofo, questi rispose: A disprezzare i tiranni.
Se l’Europa, sentendosi protetta dal velo del politicamente corretto continuerà, nella realtà dei fatti, a non riconoscere l’urgenza di questi problemi troverà, come risultato delle sue non azioni, l’accelerazione dell’inesorabile declino sullo scacchiere mondiale cui purtroppo siamo, da diverse decadi, spettatori impotenti. E proprio questa impotenza rappresenta, forse, il primo malinteso contro cui dovremmo, seguendo l’esempio di Zenone, scatenare le nostre attenzioni e le nostre intenzioni. Società Libera continui ad occuparsi della libertà dei popoli e delle minoranze oppresse, a pensare ed agire controcorrente, rispetto alla direzione imposta dalla tirannia di miopi interessi cui la nostra società, pur a scapito della propria libertà, sembra essere consensualmente prona.
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