IL NULLA E IL NIENTE
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Anno XXV- n. 576- 08 giugno 2025
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IL NULLA E IL NIENTE
di Vincenzo Olita*
Biunivocheespressioni di uso comune, all’apparenza semplicemente interscambiabili, di fatto, con significati paralleli ma distinti; alla mente, la formula delle convergenze parallele di Aldo Moro. Entrambe possono indicare mancanza e vuoto, il nulla, però, ha un peso difforme che, a differenza del niente, non si limita al significato di assenza di quantità. Intanto, Parmenide ci dice che il nulla “è e non è possibile che non sia”. Il nulla non può essere il pensare che, a tratti, può assumere finanche connotazioni ontologiche quando pensieri e riflessioni penetrano nel mondo delle idee.
Ci siamo soffermati su queste considerazioni propedeutiche ai ragionamenti su Destra e Sinistra dal punto di vista della similitudine dell’azione politica, della strategia e tattica, delle risorse umane coinvolte, non certo per, seppur appannate, visioni ideologiche o weltanschauung più o meno omologate.
Un intellettualismo modaiolo, a proposito della disaffezione al voto, parla di nichilismo, approssimazione deviante, non foss’altro per l’origine del termine dal latino nihil cioè nulla.
Il non voto non è spiegabile, in larga misura, come manifestazione del nulla, anzi è delusione, a volte sofferenza, ed ancora, rabbia, tanta, è la scomparsa della politica come sogno, se vogliamo, come speranza. Certo non sono pensieri sistemici spesso affastellati da tautologismo e da ingenue dicotomie, come esempio, si accusa la politica salvando lo Stato non prendendo in considerazione che una concezione statalista dello Stato è frutto essa stessa di una visione politica. Basterebbe ascoltare con qualche attenzione ragionamenti del popolo minuto nei mercati, nei mezzi di trasporto, nei locali d’aspetto per avvertire di quanta partecipazione è espressa verso la non partecipazione.
Con fermezza, sarebbe opportuno anche rilevare che il nihil generazionale è anche il risultato di una scuola non scuola, di un apprendimento che non si apprende, di professionalità educative che in alcuni comparti sfiorano il niente.
Ne siamo convinti e coscienti, siamo politicamente scorretti e fuori dal coro, ma se per il coro della politica, per ogni patologia sociale, ad esempio il femminicidio, bisogna ricorrere alla Scuola affinché si adoperi, siamo fortunati ad essere fuori e lontani dai partiti, critici e persuasi di un’istruzione votata ad ulteriori sbandamenti.
Abbiamo ancora negli occhi l’intelligenza di una professoressa di lettere che ci fece leggere e commentare lo scritto che Giovanni Papini, già scorretto all’epoca, formulò nel 1914: Chiudiamo le Scuole, aveva guardato lontano un secolo, un gran poeta, chiaramente poco amato.
Nei nostri anni, perché la scuola? Per lasciarsi affascinare dal ruolo che la cultura svolge se qualcuno fosse in grado di stabilire canali empatici tra fonia, ascolto, emozioni e contenuti. Mase così non è, Shakespeare, Neruda, Dante, Petrarca, Goethe, Baudelaire, Tolstoj, Flaubert, Merini, Garcia Marquez, Leopardi, Sartre, Bukowski, Agostino d’Ippona, Prévert e poi Mina, De André, Mia Martini, Battiato e Aznavour restano al di là dell’uscio in un’irreale compagnia con un, sempre antico, collaboratore scolastico.
No, non abbiamo tralasciato Destra e Sinistra, termini antichi di duecentotrent’anni, non per questo vecchi ma certamente desueti. Ricorrevano gli anni trenta dello scorso secolo quando il filosofo spagnolo Ortega y Gasset definiva l’affezione agli stessi termini conseguenza di un patologico stato neurologico che genera umana stupidità. Un adeguato accoppiamento che, a partire dagli anni novanta, favorisce l’eterno ritorno dell’uguale in cui il nulla e il niente trovano alternanza in attente mise in scene.
Intanto i governi, e quindi lo Stato, hanno la presunzione di poter dispensare, per dirla con Thomas More, felicità e giustizia tranne che non presumiamo che il loro esserci possa sussistere dove il meglio è appannaggio dei peggiori. More, nella sua Utopia, descrive un monarca che nel momento dell’investitura giura che non accumulerà nel suo tesoro una data quantità di denaro, però, l’autore nel suo discorrere giunge alla conclusione che trattasi solo di un esercizio accademico, il potere non presuppone queste esercitazioni.
Lo ricordiamo ancora una volta, i Re di Francia che giuravano nella cattedrale di Reims, dalIX secolo al 1825, nel loro discorso al popolo si impegnavano ad attutire le diseguaglianze e garantire la giustizia sociale. Due assicurazioni che qualsiasi potere ed ogni opposizione hanno utilizzato, e continuano a farlo, come panacea per entrare nelle grazie delle genti.
Purtroppo, le promesse sono facili da veicolare non altrettanto da mantenere.
Destra e Sinistra una dualità stretta dalle faziosità che usano vestire i panni del vittimismo o quelli del trionfalismo a seconda se occupano una collocazione di minoranza o di maggioranza. In ambedue le posizioni si interpreta il ruolo di portatore di verità e buon governo non accettato e respinto a prescindere con retorica aggressività dalla controparte.
Oggi, con il tramonto, di fatto, della forma partito non si è più in grado d’interpretare compiutamente scenari politici che possano favorire una dialettica al di fuori di vacue impostazioni caratterizzate da modesti contenuti e significati. Il confronto politico racchiuso nella contrapposizione tra leader osannati da una dirigenza di addetti ai lavori dà corso ad una sorta di catena di S. Antonio che veicola parole d’ordine, messaggi politici di fatto apolitici, cioè una comunicazione conformista che potremmo definire del niente verso una comunità di clientes intesa come personale politico di secondo e terzo livello.
La contemporaneità della Sinistra e della Destra al centro di vortici politici, di fatto relegate e protese ad un impegno amministrativo- finanziario appanna del tutto la nobiltà del pensare politico, l’impegno ad elaborare modelli per unasocietà postmoderna che necessita di grossi ripensamenti.
Niente politica, interessi mediocri, schermi protettivi e giustificativi di una non politica, ad esempio il globalismo, il roboante cambiamento climatico, le epidemie, sono crisi anche funzionali alla non attenzione per quel vecchio adagio della qualità della vita.
L’agire politico negli ultimi due secoli in Occidente ha avuto come pietre miliari le categorie di Sinistra e Destra capaci a dare senso, anche al di là della politique politicienne, alle scelte d’appartenenza,
a sentite visioni, financo a stati d’animo.
D’Annunzio nel 1900 abbandona i banchi parlamentari dell’estrema Destra per occupare uno scanno dell’estrema Sinistra, attraversa l’emiciclo e, ad alta voce, professa: “vado verso la vita”. Era un nazionalista cultore di Nietzsche ma non un partigiano, cioè non di parte. Due anni prima nel ’98 il duello Cavallotti – Macola ambedue giornalisti e parlamentari, il primo per la Sinistra radicale, il secondo conservatore del gruppo per la Destra storica. Due episodi che raccontano importanza e valore di una appartenenza politica e di conseguenza peso e spessore di quella Destra e di quella Sinistra.
Avvenimenti certamente estremi ma anche indicativi di un avvio di tramonto, quello di una forzata e schematica contrapposizione del pensiero politico che nella contemporaneità viviamo come crisi proclamata.
Di conseguenza, anche il declino dell’Istituto parlamentare, a partire dagli anni ’70, è andato via via accentuandosi. Dialettica e confronto hanno assunto connotazioni di perenne scontro, con chiacchiericcio in politichese, in cui tra Sinistra e Destra la dignità del Pensiero Politico ha funzione di Terzo escluso, a dispetto della convinzione di Constant sulla Teoria come lume della politica.
Finanza, debito, bilancio, fisco, disavanzo, semantica dei problemi centrali di questo Occidente, dove il potere amministrativo del tutto spersonalizzato, anonimo, privo di qualsiasi livello di partecipazione per i diritti e le libertà individuali, esula dal mondo di quelle concezioni, nutrimento delle categorie di Destra e Sinistra, la cui interscambiabilità, su questi comparti, ne accentua il declino.
Ed allora, se il mondo della politica si è ridotto ad un frastagliato ambiente di partiti governati da “leader tutto essere”, da capo del Governo o dell’opposizione a capo partito, da segretario di partito a ministri, da vice capo del Governo a segretario e a ministro, comprendiamo che la politica vive di forti immagini, ma fondamentalmente di forti debolezze.
Quanta subordinazione, quindi, rispetto al globalismo e alla finanza planetaria che abbisogna, tra l’altro, che di insicurezza permanente e continue emergenze.
È pacifico che la ripartizione tra Destra e Sinistra continuerà, per qualche tempo ad essere nel mondo delle apparenze, ma non in quello della classificazione delle idee. Apparenze che continueranno a far presa tra antichi condizionamenti e nuovi pettegolezzi, fino all’estesa comprensione che Destra e Sinistra, tra gli interscambiabili Nulla e Niente, rappresentano il mondo di ieri, al di là della realtà. Con il nostro liberalismo, quindi anche scevri da riflessi condizionati, lontani dal senso comune, saremo ancora sulle tracce dell’Essenza.
Il livello del personale politico lo possiamo rappresentare con un discorso del sindaco diRoma Gualtieri del 4 giugno: “Il metodo Roma è un modello non solo trasversale ma anche inclusivo, un grande hub dei dati, dell’intelligenza artificiale, noi siamo il mondo e il mondo è qui”. Banalità megalomani. Ancor meglio: “Un post novecento riformatore, in cui l’ideologia è il paleolitico e la concretezza è il motore dei nostri tempi”. Non è un sistema di Pensiero, solo parole e non concetti! Senza concezioni ideologiche siamo alla politica del fare, fare per cosa, fare perché e si potrebbe continuare.
La politica del fare, aideologica, fu introdotta da Berlusconi, avversata da molti, ma intrapresa da quasi tutte le parti politiche, siamo così al Nulla e al Niente della contemporanea Destra e Sinistra.
A fronte della razionalità delle proposte e la lucidità dei pensatori di 25 secoli, il non avvertire utopie per il mutamento, procura delle perplessità che non incideranno sulla convinzione dell’immortalità della sapienza e che il mondo di ieri occorre conoscerlo se riteniamo di dover comprendere quello di domani.
direttore Società Libera
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