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Il governo dell’occidente

Società Libera online

Anno XXII – n. 479 – 4 ottobre 2022

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IL GOVERNO DELL’OCCIDENTE

di Vincenzo Olita*

A dar retta ai leader politici di minoranza una loro affermazione avrebbe significato un massiccio mutamento della società, con la soddisfazione di bisogni e necessità, dello stesso tenore le garanzie della maggioranza: insomma, un corale preavviso di felicità. Allora, un’inevitabile retorica s’impone: ma dove erano finora?

Esattamente dove sono, con le stesse capacità, intuizioni strategiche, visioni del mondo ma, soprattutto, con gli stessi vincoli, dipendenze culturali, subordinazioni economiche-politiche, assoggettamenti e sottomissioni anche psicologiche verso potentati globali.

Fino alla svolta del secolo avremmo parlato di commistione tra politica e poteri forti, quando la prima s’interfacciava dialetticamente con la grande industria, i suoi interessi e i suoi sottoprodotti, come l’informazione cartacea, con le convinzioni Vaticane, con gli USA e le sue utilità planetarie.

Un intreccio in larga parte superato, la Chiesa vive di relativismo, non più di certezze, il capitalismo industriale è surclassato dal globalismo finanziario, l’informazione protesa solo nella sua servizievole funzionalità alla politica, tutti per un consolidato sovranismo dell’europeismo burocratico: prosegue la visione imperiale USA indebolita, però, anche dalle trasformazioni al suo interno.

Già, il mutamento delle governance, una costante nella storia dell’umanità, che con il trascorrere dei secoli è sempre meno palese, trasparente e soprattutto comprensibile. Benjamin Disraeli, Primo ministro del Regno Unito dal 1874 al 1880, già diceva: Il mondo è governato da tutt’altre persone che neppure immaginano coloro il cui occhio non giunge dietro le quinte.

Club esclusivi tra chi persegue obiettivi ed interessi comuni sono stati caratteristica della storia dell’Umanità. Tralasciando Mondo antico e Medio Evo, la nascita della Massoneria, nel primo ventennio del ‘700, è il primo rilevante esempio di una struttura esclusiva tesa al cambiamento di specifiche articolazioni della Società.

Nel 1954 l’Occidente su iniziativa di David Rockefeller vide la nascita del Gruppo Bilderberg il cui interesse inizialmente era per la strategia militare, oggi per geopolitica e tecnologia. Nel 1973 nasce la commissione Trilaterale, circa 400 membri americani, giapponesi e europei, su iniziativa dello stesso David Rockefeller, già presidente della Chase Manhattan Bank. Il club si occupa particolarmente di governo ed istituzioni globali, di commercio internazionale, energia, clima. Una rilevante attenzione viene riservata da ambedue i club all’integrazione europea. Non a caso il Trattato di Lisbona del 2007 che istituì la Comunità europea, fu fondamentalmente istruito, nelle sue linee generali, in ambito Trilaterale.

Mario Monti, Enrico Letta, Mario Draghi, John Philip Elkann, sono tra i nomi italiani che ricorrono in questi club, poi le banche Goldman Sachs, Barclays e naturalmente la J. P. Morgan che ha visto nella sua dirigenza e consulenza proprio Monti, Prodi e Draghi. Certamente non è un caso che nella seconda repubblica i Presidenti del Consiglio non solo devono essere membri di esclusivi club ma anche provenienti dal board o dalla consulenza della banca d’affari americana.

I curricula dei politici del dopoguerra non fanno potere, la residenza del potere è cambiata, non è più nei ministeri incapaci di parlare del futuro o nella miriade di strutture, sovrastrutture e inutilità, spesso in conflitto tra loro, ma tutte protese a gestire quotidianità senza orizzonti, pronti a mobilitarsi per la prossima competizione elettorale. Il potere, intendendo capacità e strumenti per la costruzione del futuro, non è più nel Parlamento esautorato nella funzione primaria di fucina di idee ed elaboratore di visioni. Parlamento: una residenza triste in cui non vi è entusiasmo né gioia per una politica politicante funzionale ed utile solo al chiacchiericcio da lavanderia della nostra informazione.

Con il XXI secolo il pianeta, nel suo versante occidentale, ha visto l’affermazione di un élite finanziaria in larga parte statunitense che disponendo di colossali risorse, i primi venti patrimoni equivalgono al Pil italiano, partendo dal presupposto di dover implementare la loro missione, quella di orientare visioni del mondo, stili di vita, la società nel suo complesso e il futuro della stessa Umanità, hanno ritenuto di dover operare, in particolare attraverso la filantropia, per influenzare quotidianità, rapporti sociali, politiche governative e strutture statali per il disegno di un nuovo mondo globalizzato e dal pensiero unico.

E’ quello che Klaus Schwab, fondatore del World Economic Forum di Davos, ha chiamato la Grande Narrazione in cui avverte:I politici sono incapaci di offrire governi rappresentativi ed efficienti, noi come essere umani continuiamo ad avere la possibilità di dare forma al mondo che vorremmo”.

È l’effettivo Manifesto del Forum, finanziato da circa un migliaio di soggetti tra multinazionali, banche d’affari e fondazioni delle famiglie tra le più abbienti del pianeta. Un concentramento del gotha economico-finanziario che periodicamente s’interfaccia con i vertici politici e dove prendono corpo e si propagano globalmente politiche, orientamenti e indicazioni. Ridotta ad asse di trasmissione la politica dell’Occidente ha un ruolo ripetitivo della progettualità altrui, progettualità che presuppone tre priorità: un mondo più resiliente, più inclusivo, più verde. Resilienza, divenuta irritante parola d’ordine, vuol significare che ad ogni crisi si accompagna un’opportunità, quindi, se tutto è resilienza, ogni crisi può presupporre una falsa speranza e per le nostre illusioni già si lavora ad un Consiglio mondiale della resilienza.

Per Schwab, poi, non dobbiamo evitare i rischi perché benefici per le società affinché possano progredire e prosperare.

Per alcuni aspetti potrebbe sembrare un chiacchiericcio planetario che ha surclassato il chiacchiericcio domestico, ma il Forum vede il coinvolgimento di troppi qualificati decisori per essere derubricato ad un’agorà culturale. Il cammino intrapreso disegna un triste scenario per l’Umanità, almeno per quella occidentale, il Grande Reset per cui lavora Schwab, avviato e favorito con il Covid -19, ci riserva una predisposizione alla felice accoglienza per crisi e rischi, un asfissiante martellamento sulla transizione ecologica, entusiasmante solo per gli studenti e i loro scioperi per il clima del venerdì che riducono la loro settimana a quattro giorni. Con la Quarta rivoluzione industriale annunciata da Davos, in cui robotica, intelligenza artificiale, veicoli autonomi, biotecnologia, ci assicurano un mondo più inclusivo e sostenibile, dove le stesse distanze tra ambienti fisici e biologici tenderanno al decremento. Siamo alla tecnologia per il miglioramento biologico della specie, siamo sul cammino del Transumanesimo.

“Non avrai nulla e sarai felice”, anticipa Schwab ai prossimi cittadini del mondo indirizzati verso il veganesimo e il consumo di carne sintetica, e sì, la governance mondiale necessita di un controllo sociale che si va affermando in virtù di una falsa amorevolezza di chi prospetta un mondo migliore anche favorendo una malthusiana riduzione della popolazione.

Una ristretta élite finanziaria, in sintonia con organismi sovranazionali, pensiamo all’Agenda 2030 dell’ONU, al WTO – Organizzazione Mondiale del Commercio, all’OMS, al FMI, alla  Commissione europea – con banche d’affari, l’informazione globale, le big-tech, ambienti politici e statuali, in virtù di una percezione della propria onnipotenza associa una riconsiderazione di un degenerato capitalismo planetario al futuro delle genti il cui destino terreno non è più nelle mani né di Dio né del tradizionale Cesare.

A Davos si elaborano progetti e ci si adopera per il disegno del mondo migliore. Per lo stesso obiettivo, una strategica e diffusa operatività viene espressa dai guru della finanza, dai padroni delle big-tech, dai controllori delle piattaforme digitali, dalle Fondazioni di famose dinastie.

Warren Buffett, Mark Zurkerberg di Facebook, Jeff Bezos di Amazon, Tim Cook di Apple, la dirigenza di GoogleGeorge Soros, le Fondazioni Bill & Melinda Gates, Ford, Bloomberg, Rockefeller, Walt Disney, Rothschild e la Open Society Foundations, dello stesso Soros, che il 16 settembre 1992 con un attacco finanziario costrinse la lira ad uscire dallo SME, si adoperano, quotidianamente, per l’affermazione di un patologico cosmopolitismo ammantato di un relativismo teso al superamento della tradizione anche con la cultura della cancellazione.

Soros, in particolare, lavora per una Società Aperta, malintesa interpretazione della fondamentale concezione di Karl Popper, che nella visione globalista, è il contenitore in cui si allentano i legami di comunità e gli stessi rapporti umani: coniugi, parentele, amicizie ed altri vincoli saranno, semplicemente, sostituibili.

Dalla persona ad isolati atomi: questo il traguardo che si auspica per l’Umanità con la capacità finanziaria di miliardi di dollari ammantata di una veste filantropica. Centinaia di ONG influenzano e condizionano, in svariati settori, governi, parti politiche, istituzioni, dall’OMS all’ONU con le sue diramazioni. In questo quadro, ad esempio, si inscrive la minore rilevanza nell’insegnamento delle materie tradizionali a favore di competenze non cognitive, introdotte anche nella scuola italiana con una legge dello scorso gennaio, votata all’unanimità, e la valutazione espressa da una commissione ONU che, sulla spinta globalista, ha sancito il lavoro domestico delle donne come forma di schiavitù.

Sempre la Open Society Foundations ha finanziato in 5 anni una Fondazione di Gesuiti con 1,700 ml di dollari ed altre organizzazioni progressiste cattoliche con il dichiarato intento di far uscire la Chiesa dal Medioevo; così come è attivissima nel sostenere l’emigrazione dal nord Africa attraverso sostanziali contributi di mezzi e personale. Stati e confini, infatti, non avranno cittadinanza nella Società Aperta. A vario titolo, OSF interviene in 120 Paesi dove interessi e visioni della finanza globale incidono nella quotidianità delle Genti e della politica. Nella legislatura 2014-19, Soros ammise l’affidabilità di 226 Eurodeputati su 705. Nessuna meraviglia, allora, se l’elezione di Macron fu supportata da Goldman-Sachs 2.145 Ml, Soros 2.365 Ml Rothschild 976 mila per complessivi 5.486 Ml di dollari.

La filantropia sorosiana non ha trascurato il finanziamento alla tenera Greta Tintin Thunberg e più modestamente alle Sardine bolognesi, ma la vera attenzione in Italia è per la ex pannelliana Emma Bonino e il suo strumento politico +Europa, che ben s’interfaccia con l’europeismo della Commissione europea e culturalmente con Davos. Dai finanziamenti al Centro Europeo per la legge e la Giustizia, in collaborazione con la Fondazione di Bill Gates, al Consiglio d’Europa, alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, alla Corte Penale Internazionale si deduce il livello di penetrazione della finanza globalista nelle istituzioni giudiziarie europee.

Personaggi politici e mezzi di comunicazione di rilevanza mondiale, come quelli supportati da Bill Gates (BBC, NBC, CNN, Financial Times, The Guardian, Der Spiegel, Le Monde, El Pais) al Washington Post di Jeff Bezos, al New York Times di Gregg Sulzberger, ai domestici RepubblicaLa StampaIl Secolo XIX degli Agnelli, sono gli strumenti indispensabili alla persuasione e al coinvolgimento di massa tramite il politicamente corretto, in nome e per conto del reset e della mondialista Società Aperta.

La filantropia finanziaria si concretizza poi su sempre interessati interventi: ad esempio, nella Banca Mondiale, nelle agenzie dell’ONU come Unesco, UNCHR e Unicef, in Save the Children, nel supporto a svariate Università.

Si potrebbero elencare ancora le innumerevoli sfere d’intervento di questo postmoderno capitalismo finanziario, ma crediamo che le più rilevanti connotazioni della Società Aperta siano comprensibili, a noi preme sottolineare che la politica, intesa come un insieme di sistemi di pensiero, che non cancella il passato delle genti e si adopera per il futuro dell’Umanità, stante così gli equilibri, è avviata al tramonto.

Per i cortesi padroni del caos e le loro possenti risorse è agevole stravolgere, in particolare, la cultura dell’Occidente e adoperarsi per il grande Reset. In mancanza di reazioni, di opposizione e di una presa d’atto, per la prima volta nella storia, andiamo incontro ad una società con larghe dipendenze in cui non si avvertono né tiranni né padroni. Il cammino è verso un orizzonte atomistico in cui il Leviatano di Thomas Hobbes annullerà libertà, responsabilità e proprietà individuali, a meno che, la nostra eresia, elevando un canto nuovo, ci consenta di abbandonare vecchi e sterili lamenti per una liturgia politica che appartiene, ormai, solo al mondo di ieri.

*Direttore Società Libera


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