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Poste, un affarone all’italiana

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Anno XXIII – n. 487 – 5 febbraio 2023

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POSTE, UN AFFARONE ALL’ITALIANA

di Marco Marchese*

Nel 2019 Poste Italiane ha dichiarato un utile di 1,3 miliardi di euro, nel 2020 di 1,1 e nel 2021 di 1,6 (fonte Corriere della Sera), quindi, solo nell’ultimo triennio per complessivi 4 miliardi di euro.

Come è noto i servizi di sportello e quelli del recapito, nei piccoli Comuni, nelle aree interne e in particolare al sud, sono stati progressivamente depauperati. Molti uffici con attrezzature vetuste, lunghe code e disservizi, sporchi, olezzanti di muffa, oltre ad una carenza cronica di personale che fa quello che può. Nei piccoli Comuni, spesso, l’ufficio postale è aperto solo a giorni alterni e, ad esempio, dove abito, un postamat è stato installato solo da scarsi due anni.

Giovedì 30 è stato presentato un progetto faraonico (sì, interessante e utile per i cittadini dei Comuni al di sotto dei 15.000 abitanti, ma, naturalmente, a condizione di farlo funzionare bene!). Il nuovo modello d’ufficio si Chiama Polis, lo si può visionare in internet, alla presentazione una frotta di Sindaci, deliziati dalla retorica discorsiva del Presidente Mattarella, del Presidente del Consiglio Meloni e di altri comprimari.

Al di là dell’incenso per l’azienda Poste come salvatrice dell’utenza e dei Comuni, è bene ricordare che questo progetto a Poste costa pochi spiccioli, circa 300 milioni, ben 800 li mettiamo, più o meno tutti noi, con i soldi del PNRR, attraverso il cosiddetto piano complementare che nessuno sa bene di cosa si tratti; una sola certezza, sono sempre soldi pubblici!

I nuovi servizi che offrirà Poste sono, naturalmente, a pagamento, non certamente gratis. Gli accordi, pare, prevedano che per tutto quello che si potrà fare con totem elettronici, certificati e quant’altro, la pubblica amministrazione rinunzi ad incassare i diritti in favore di Poste che realizzerà, forse, un buon progetto (poi vorrò vedere mia mamma come potrà cavarsela davanti all’aggeggio) investendo solo quattro soldi. Contemporaneamente ne fagocita quasi il triplo dalle pubbliche risorse, per andare ad ingrossare i propri utili nel prossimo decennio. Sembra il solito Affarone all’italiana!

Alla luce di questo nuovo modello d’ufficio, qualche domanda:

1) L’ufficio del paese dove vivo, poi, lo apriranno 6 giorni su 6 invece dei giorni alterni? Odorerà meno di muffa? Sarà un po’ più spazioso e utile per la seduta dei nostri vecchi in attesa dello smaltimento della fila? La posta sarà recapitata tutti i giorni o una o due volte la settimana come ora?

2) Gli uffici postali saranno più caldi e confortevoli d’inverno e meno afosi e accoglienti d’estate? Ci saranno meno disservizi rispetto a tutte le volte che “non c’è linea”?

3) La partecipazione dei sindaci alla gita romana per la presentazione di Polis è stata a carico di Poste o sarà pagata dai fondi comunali, che poi sempre soldi pubblici sono.

E a proposito del mio sindaco, ma il ragionamento vale per tutti i presenti alla kermesse romana, saremmo lieti se sapessimo che alla trasferta hanno contribuito con le proprie risorse. Suggeriremmo ai Sindaci, sempre partendo dal mio, di smorzare entusiasmi e diluvi di parole, basterebbe un piccolo “finalmente, dopo tanto soffrire speriamo che almeno realizzino ciò che promettono, in tempi brevi”. Invece, il clamore, anche in salsa Facebook e con servizi fotografici di rito, è apparso davvero stucchevole e tanto da lacchè radiotelevisivo. In effetti, l’Affarone all’italiana di Poste non ci pare proprio una gran trovata, almeno a noi silenziosi cittadini paganti.

*Direttivo Società Libera


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